Quarant’anni con Goldrake

In questo 2018 c’è un’importantissima ricorrenza, e cioè il quarantennale dell’arrivo di Goldrake (e degli altri anime giapponesi, Heidi in testa che anzi arrivò un po’ prima): in quest’anno avrò molte occasioni per parlarne, ma ci tengo a dire già qualcosa, partendo anche dal bellissimo Japan Day in tema che si è tenuto al Mufant di Torino il 27 gennaio scorso.


Per noi cultori del fantastico gli anime giapponesi, soprattutto quelli di genere fantastico, sono stati una vera rivoluzione, anzi posso dire che oggi io mi occupo di fantastico a livello lavorativo, sia pure dopo tante traversie e paletti messi di traverso, è stato perché in quel lontano aprile, in pieni anni di piombo, io ero davanti alla tv e vidi Goldrake, scoprendo un nuovo modo di parlare di storie fantascientifiche.


Io non sono una nostalgica a tutti i costi, anche perché gli anime sono stati una delle poche cose belle di una preadolescenza e adolescenza veramente da dimenticare sotto tutti i punti di vista, ma posso dire che comunque mi hanno dato molto e continuano a darmi molto.


Parlando di Goldrake, devo dire che è uno di quei robottoni che regge ancora abbastanza bene, a differenza di altri, ormai un po’ superati, grazie anche agli episodi realizzati dal grande Shingo Araki, ancora oggi bellissimi e struggenti e capaci di dare maggiore spessore ad una trama che solo all’apparenza è ripetitiva.


Goldrake ha trasmesso alla mia generazione e non solo valori come il rispetto del diverso (non l’odio viscerale per il diverso come diceva Silviero Corvisieri allora), il coraggio, l’importanza dell’amicizia e della collaborazione, il disprezzo per la guerra e la tirannide, l’urgenza di combattere contro le ingiustizie. Ma ci ha anche insegnato che esistono altre culture, diversissime dalla nostra come quella giapponese, ma che possono raccontare storie interessanti e far scoprire il loro mondo, non ostile al nostro, ma complementare.


Poi in Goldrake ho visto il primo inciucio slash, la prima eroina per caso, la povera Venusia, che ho rivalutato a distanza di anni, le prime morti vere sullo schermo, le prime riflessioni sull’ineluttabilità del destino, con un eroe che per la prima volta non riesce a salvare sempre tutti e tutte, meno che mai i suoi amori perduti e poi ritrovati.


In Goldrake ci sono due episodi in cui si condanna l’integralismo che sacrifica vite giovani per un ideale delirante, un discorso quanto mai attuale oggi, anzi ancora più attuale che quarant’anni fa: ma poi io ricordo e ho ritrovato a distanza di anni divertimento, passione, simpatia, tensione e tanto altro ancora.


Grazie a Goldrake e a tanti altri anime giapponesi che ho continuato a guardare e a seguire ho potuto uscire dal mio guscio di isolamento, trovare amici, scoprire il mondo, visitare posti belli come Lucca, avere ispirazione per scrivere, entrare nello staff di un Museo, partecipare ad eventi di cui il Japan Day è solo uno dei tanti. A me questi personaggi hanno dato tantissimo e continuano a dare molto e mi sa che continueranno a far parte della mia vita per sempre.


Ma tutto questo senza nostalgie, consapevole che questo immaginario è cresciuto con me, è cambiato, ma c’è sempre. In ogni caso, per dire ancora dure cose sul Japan Day, che bello aver visto persone con cui ho a che fare ormai da anni, che bello aver rivisto amici e amiche che non vedevo da anni, che belle le attività che hanno proposto tutti e che bella persona che è Liliana Sorrentino, un’altra dei grandi professionisti del doppiaggio che ho avuto l’onore di conoscere. Comunque tornerò a parlare di anime, Goldrake e altre cose.