Lost, una bella scoperta

Nella vita capitano cose strane: anni fa avevo visto i primi due episodi di Lost e non mi avevano detto granché, non mi aveva preso e avevo evitato di seguirla ulteriormente, orientandomi su altre serie.
Dato che sto lavorando ad un saggio su Once upon a time, ideato da due membri dello staff  creativo di Lost e ad un saggio sulle serie TV di fantascienza, mi sono decisa a recuperare tutte le stagioni, con un po’ di perplessità. E invece, pum, è stato amore a prima vista e ho passato un mese e mezzo quest’estate a farmi una vera e propria maratona dei 115 episodi, fino al finale mozzafiato e davvero da groppo in gola.
I miei personaggi preferiti sono Kate, Sawyer (eccetto quando se la prende con la ranocchia), Hugo, Juliet, Claire, Sayid, Desmond, John Locke (il superbo Terry O’Quinn già anima nera nelle serie di Chris Carter) e Ben, ma devo dire che è proprio l’insieme a prenderti e ipnotizzarti. Ottime le prime quattro stagioni, le ultime due sono inferiori ma il finale colpisce al cuore anche se me l’aspettavo.
Una serie fantascientifica che parla però della condizione umana, dell’importanza del vivere insieme, del destino ma anche della capacità di sapersi migliorare, delle speranze perdute e ritrovate, del saper cambiare e del voler essere altro da quello che si è stato. In particolare quest’ultima cosa è esemplificata da due dei personaggi più riusciti, Ben, che si riscatterà nel futuro dopo la fine della storia, accanto a Hugo come guardiano dell’isola (Sei stato un ottimo secondo, gli dice lui fuori dalla chiesa del finale) e da Sayid, ex torturatore torturato dai rimorsi, capace di scegliere di essere un eroe, costi quello che costi. Una serie che ti rimane dentro, sono felice di averla scoperta.